STORIA
Trichiana "Paese del libro"
Perché questa denominazione?
Ore 20.00 del 29 dicembre 1972, la seduta straordinaria del Consiglio Comunale
deliberava di istituire a Trichiana una biblioteca di letteratura contemporanea
con libera e gratuita consultazione per i cittadini di questo Comune e di
proclamare Trichiana "Paese del Libro" In questa seduta veniva discussa la
proposta dei fratelli Aldo, Renzo e Mario Cortina, librai ed editori titolari di
librerie in Milano e nelle principali città del Nord, i quali con un munifico
gesto si erano offerti di costituire una biblioteca, donando migliaia di volumi
di letteratura contemporanea. Dai seimila libri di partenza si è arrivati
attualmente a più di quattordicimila volumi e la biblioteca è tenuta in costante
aggiornamento. La storia dei fratelli Cortina è comune a quella di tanti altri
nostri emigranti. Originari di Trichiana, hanno lavorato con impegno e grandi
sacrifici e sono riusciti a creare intorno alla "Libreria Internazionale Cavour"
un ritrovo di letterati, artisti e giornalisti famosi. Tra questi il noto
scrittore Dino Buzzati, del quale proprio Renzo Cortina aveva scoperto anche
l'originale vena pittorica. Ma non si sono mai dimenticati della loro Terra e
hanno voluto lasciare un ricordo tangibile al loro Paese. Unica richiesta dei
promotori era quella di intitolare la biblioteca al giovane libraio trichianese
Enrico Merlin, tragicamente scomparso in un incidente stradale. Spesso ci si
dimentica di coloro che tanto hanno dato al loro paese e all'impegno con cui
hanno cercato di farlo crescere culturalmente. In questa occasione ci sembra
giusto ricordare che è proprio grazie ai fratelli Cortina che Trichiana dal 1972
"anno internazionale del libro" si fregia di questo prestigioso
titolo.
Trichiana: incrocio di vie tra montagna e pianura
La posizione del comune di Trichiana, situato tra gli ultimi contrafforti delle Prealpi, con la pianura
veneta da una parte, e il fiume Piave dall'altra, ha determinato nel corso dei
secoli una vivace circolazione di persone e merci sul suo territorio. L'ingresso
principale a Trichiana dalla pianura, è costituito dal passo S.Boldo: la "strada
del Canal", che si snodava da Tovena fino al passo, per poi proseguire verso
S.Antonio Tortal, non è mai stata in realtà un percorso agevole, per lo meno
fino a quando gli Austriaci, durante il primo conflitto mondiale, dal febbraio
al giugno del 1918 (poco più di cento giorni), costruirono, a scopo militare,
quell'ardito itinerario di strada e gallerie che ancor oggi percorriamo.
Nonostante comunque l'ultimo tratto (quello attualmente occupato dalle
gallerie), fosse pericoloso e difficile da risalire sia a piedi che con animali
da soma, specie sotto le intemperie, questa via ha sempre ricoperto
un'importanza di prim'ordine per il transito di persone, merci ed anche dal
punto di vista militare. Qualche studioso sostiene che già in epoca romana esso
fosse frequentato: lo attesterebbero monete dell'età imperiale ritrovate nelle
vicinanze. Ma forse già i nostri antenati, che più di 10 000 anni fa (nel
Mesolitico e Neolitico) abitavano la piana di S.Antonio e i colli di Nareon,
sconfinavano nella pianura attraverso il S.Boldo, alla ricerca di beni utili
alla loro sopravvivenza. Anche durante il Medioevo, molte furono le dispute e le
lotte tra Belluno e Treviso per il dominio di questo passo, a dimostrazione
dell'importanza che di fatto rivestiva. I contrasti si placarono solo quando
l'intera zona cadde sotto la sovranità della Repubblica di Venezia, anche se le
controversie relative ai confini continuarono poi a lungo. I ruderi di una torre
bizantina, poco sopra a Tovena, e tre stemmi (di Belluno, Venezia e del podestà
Venier) sulle pareti esterne della trattoria "da Teresa" l'ex muda dove i
viandanti trovavano alloggio e ristoro e dove si pagava il dazio per le merci
trasportate), sono le uniche testimonianze ancora visibili del prestigio che il
S.Boldo ebbe nel passato.
I nomi stessi dei luoghi ricordano gli antichi percorsi sul nostro
territorio: a S.Antonio Tortal, la località Col de Varda, posta sopra un dirupo
che incombe sul torrente Brenta, guado obbligato per chi proviene dal passo e
vuol scendere verso Trichiana, ci fa tornare indietro nel tempo, all'epoca della
dominazione gotica (488 - 553 d.C.). Il toponimo "Col de Varda", che significa
"colle di guardia", risale proprio a 1500 anni fa e infatti in questa zona ancor
oggi si possono vedere i resti in muratura di quella che probabilmente fu una
fortificazione, postazione di controllo per sorvegliare una fondamentale via di
comunicazione. In questi luoghi, sono tra l'altro documentati possedimenti dei
templari, cavalieri che, nel XII-XIII secolo, curavano gli itinerari che
portavano alla Terra Santa, nonché l'esistenza di un "ospedale" (ospizio per
viandanti), annesso alla chiesa di S.Antonio Tortal, consacrata nel 1345. Un
territorio quindi assai frequentato fin dai tempi antichi, soprattutto per i
commerci tra Trichiana, la pianura e le località limitrofe dall'economia
fiorente.
La diversità dei prodotti agricoli tra la pianura e la montagna, ha sempre
favorito un vivace scambio attraverso il S.Boldo: nella più ricca pianura si
andava prevalentemente per vino, frutta, farina e vestiario, che venivano
barattati con burro, (un "troi de l'ont", recentemente sistemato, portava da
Signetta a San Boldo), fagioli e qualche prodotto artigianale. Il commercio
agricolo ed artigiano, non rappresentavano però l'unico interesse di transito
attraverso il passo. Verso il 1600/1700 per esempio, i conti Brandolini,
feudatari della Valmareno e proprietari di lanifici a Follina e dintorni,
acquistarono le miniere della Val Imperina nell' Agordino, dalle quali
ricavavano rame e vetriolo. Questi prodotti minerari venivano trasportati fino
al Piave, nei pressi di S.Felice, dove esistevano un magazzino per lo stoccaggio
delle merci e un porto fluviale. Gli zattieri che fluitavano il legname dal
Cadore a Venezia, sostavano qui per caricare il rame, il vetriolo ed altre merci
da trasportare in laguna. Poiché provenivano da Belluno, una volta arrivati a
Falzè di Piave, lasciavano la zattera ad altri compagni che proseguivano per
Venezia. Da Falzè ritornavano nel Bellunese risalendo la Valmareno lungo la "cal
zatèra" fino a Tovena, dove avevano l'opportunità di dormire nella locale
osteria, per poi proseguire il cammino verso casa, attraverso il passo del
S.Boldo e la strada dei zatèr" (che passava per Bivio Spin sopra S.Antonio
Tortal). Nei pressi di S.Felice esisteva anche un importante e rinomato
traghetto, la barca appunto di S.Felice, che, sospinta da una lunga pertica,
trasportava persone e merci da una sponda all'altra del fiume (che aveva una
portata di molto maggiore rispetto a quella attuale); qui confluiva la maggior
parte del traffico tra la pianura e Agordo, gestito dagli stessi Brandolini che,
attraverso il S.Boldo, con animali da soma, portavano verso Trichiana e
l'Agordino lane, vestiario, farina e vino, e riportavano indietro il vetriolo
proveniente dalle miniere della Val Imperina, sostanza che veniva usata per
tingere di nero o comunque per donare tonalità più scure alle lane prodotte a
Follina.
Il territorio del passo S.Boldo, con l'antica muda e la chiesetta attigua,
fino alla piana di Pralugher, rimasero di proprietà dei conti Brandolini fino a
dopo la seconda guerra mondiale. L'intenso e proficuo legame tra la pianura e il
comune di Trichiana, durato per molti secoli, ha subito negli anni scorsi una
imprevista e piuttosto lunga interruzione con la chiusura del passo S.Boldo,
durata ben tredici anni. Questa situazione ha determinato effetti negativi
soprattutto per alcune attività commerciali presenti nella zona alta di
Trichiana e nel comune di Cison, che si sono legittimamente mobilitati per
ottenere il ripristino della viabilità. Le vie di comunicazione nella Valbelluna
e tra la Valbelluna e la pianura, sono argomenti sempre all'ordine del giorno
nelle discussioni dei nostri amministratori e politici...chissà se l'importanza
storica del passo S.Boldo e dell'attraversamento del Piave a S.Felice può
offrire qualche indicazione utile ad una felice soluzione del problema. . .
chissà!
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